
12000 VOCABOLI TRADOTTI DAL CATANZARESE ALL'ITALIANO E VICEVERSA
GRAMMATICA DIALETTALE CATANZARESE COMPLETA
700 MODI DI DIRE CATANZARESI
NOMI CITTA' PAESE PROVERBI FRASI CELEBRI
Vittorio Sorrenti -DIZIONARIO DELLA LINGUA CATANZARESE E SUA GRAMMATICA DIALETTALE
La capacità degli italiani di esprimersi (alla grande) e di intendersi (magari meno a seconda della orecchiabilità) nei vari dialetti comunali, provinciali e regionali è caratteristica tutta nazionale che rappresenta un fattore raro, se non unico nel panorama culturale europeo. La varietà dialettale di cui disponiamo dalle Alpi agli Appennini, dalle coste dell’Adriatico a quelle del Tirreno e dello Jonio e pari alle diversità geografiche che propongono location incantevoli e posti da vedere, visitare e vivere.
Il parlare tipico di un luogo è il linguaggio popolare considerando ciò che lo differenzia dalla lingua letteraria. Per tali ragioni quanti ben riconoscono le cadenze ed i le parole gergali dei loro interlocutori riescono senza difficoltà a scoprire le origini di chi si sta relazionando con loro.
A distanza di poco più di un secolo e mezzo dall’unità del Paese tramite l’opera meritoria della Scuola, prima, e successivamente dei mezzi di comunicazione fra i quali la Radio, il Cinema e infine la Televisione, si è riusciti a creare un linguaggio omogeneo e ben definito tale da poter riconoscere che “fatta l’Italia … s’è fatto l’Italiano (almeno sotto il profilo del parlato); eppure il dialetto (piemontese, lombardo, veneto, ligure, emiliano, romagnolo, toscano, umbro, marchigiano, abruzzese, laziale e romanesco, molisano, pugliese, lucano, calabrese, siciliano, sardo) non accenna ad essere sminuito nel suo uso costante.
Mentre nella seconda metà dell’800 si poteva pensare che la lingua nazionale sarebbe riuscita a soppiantare completamente i dialetti, si deve riconoscere che a livello popolare, essi sono sopravvissuti e rappresentano, persino nel secondo millennio, la risorsa principale, per uomini e donne della medesima località, di dialogare. Ricorrere a terminologie e modi di dire, appartenuti alle tradizioni vernacolari, testimonia la ricchezza e la sapienza che trae linfa dalle rispettive storie locali.
Dal latino principalmente, dal greco, dall’arabo, e poi ancora da tutte le lingue neolatine e da quante altre abbiano attraversato in lungo e in largo le terre italiche, i termini dialettali costituiscono bagaglio di affascinante e forbita eloquenza. Qualcuno potrebbe pensare che essi rappresentino degenerazioni della lingua nazionale, ma le origini - risalenti a matrici comuni e condivise – conferiscono ad ognuno di essi pari dignità dei termini riconosciuti nella lingua ufficiale.
Perché i dialetti possano continuare a restare vivi occorre che vengano proposti attivamente. Bisogna offerti in pasto ai contemporanei (Andrea Camilleri docet). Nessun altra parola può render esaustivo un concetto o un significato nel contesto di una narrazione se non è riportata come l’avrebbe declamata il protagonista nato e vissuto nel luogo dove l’autore concentra l’azione.
Dunque il lavoro di Vittorio Sorrenti, raccoglie nelle pagine del “Dizionario della Lingua Catanzarese e della sua grammatica dialettale” il soffio dei venti lessicali, rimaneggiati dalle molteplici influenze linguistiche quali quelle greche, latine e romane, arabe, francesi, spagnole. Il “vernacolo” parlato nella storica città, fedele all’imperatore Carlo V, da sempre capoluogo di regione, è uno scrigno di informazioni tutte meritevoli di essere ripubblicate e divulgate. L’opera, dal valore enciclopedico, e raccoglie oltre al dizionario catanzarese-italiano (e viceversa), la grammatica dialettale e i modi di dire che Sorrenti è riuscito a reperire, in virtù di studi approfonditi, particolareggiati e amorevoli verso il parlato dei suoi antenati.
Il filologo tedesco Gerhard Rohlfs espresse interesse per i termini dialettali delle Calabrie Ultra e Citra al punto tale che nel 1932 pubblicò, per la prima volta, il Dizionario dialettale della Calabria. Ad oggi sono state poste in commercio ben cinque ristampe, l'ultima nel 1966. Vittorio Sorrenti non ha inteso estrapolare dagli altri dialetti bruzi (cosentino, reggino, vibonese, crotonese, etc) quello catanzarese, ha voluto evidenziarne gli aspetti e le pronunce: realizzando un dizionario originale ed innovativo, per certi versi integrativo, rispetto a quello del Rohlfs, poiché individua ed elenca, dandone tutti i significati possibili ed immaginabili ben quasi dodicimila voci conosciuti e utilizzati nella città di Catanzaro e provincia.
Un grande e singolare capolavoro che non potrà mancare negli scaffali delle biblioteche dei catanzaresi illustri e di quanti conoscono o desiderano scoprire i dettami del dialetto locale.
Nella raccolta delle espressioni tipiche sciorinate per le vie, le piazze ed i vicoli del “nido d’aquile” si ritrova la saggezza popolare, la caratterialità bonaria dei bizantini e l’orgoglio fatale degli eredi dei normanni, la furbizia e il garbo di un popolo pacifico, leale, eppur pronto a difendere l’indipendenza, di gente che ama, creare metafore facendo sfoggio della parlantina spedita e leggiadra, vuoi per ospitalità vuoi per la consapevolezza, tipica di chi nasce e vive nel comune, sorto - ancor prima dell’anno 1000 – e trasformarsi nella fortezza inespugnabile del Guiscardo. In queste settecento, splendide, citazioni aleggia, si conserva e si rivela l’arcaismo istruttivo dipanando e divulgando la complessità lessicale delle tonalità e dei registri della bimillenaria lingua catanzarese.
Vittorio Sorrenti, lui per primo, traccia il solco. Sarà compito dei lettori e dei posteri difendere e ampliare l’immenso patrimonio, magari scoprendo ulteriori vocaboli, altri significati, ricavando etimologie magari dimenticate, per aggiungere ciò che potrebbe esser sfuggito.
Lo sforzo editoriale, al momento in cui si rilascia il nostro “imprimatur”, mira a far riflettere coloro che accoglieranno con entusiasmo la seconda edizione del dizionario certi che dopo aver colto l’occasione di possederne una copia vorranno aggiungere “uno e più mattoni, per la costruzione del tempio”, fra le cui colonne si pensa, si parla e si scrive catanzarese.
Riccardo Colao