
DIARIO DI GUERRA DI FRANCESCO CARNOVALE
A cura di Nando Castagna - Prefazione di Riccardo Colao - Copertina a colori plastificata - Formato cm. 148 x 210 - Pagine interne 102 - Allegato fotografico con numerose immagini inedite - Edizione riservata e numerata - Titani Editori
Prefazione di Riccardo Colao *
“Combattenti di terra, di mare e dell'aria. Camicie nere della rivoluzione e delle legioni. Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del Regno d'Albania. Ascoltate!” … Benito Mussolini, con l’ “incipit” che avete appena letto, esordì il 10 giugno 1940 annunciando dal balcone di Palazzo Venezia, al popolo acclamante, che erano state appena consegnate ai relativi ambasciatori di Francia e Gran Bretagna, le dichiarazioni di guerra.
Nel rivolgersi alle varie armi dei combattenti il “fondatore dell’Impero”, “l’uomo della provvidenza”, il “Duce”, il “cavalier Benito”, il “Presidente del Consiglio dei Ministri”, inseriva il particolare riferimento, oltre alle “forze armate di terra, di mare e dell’aria” anche alle “Camicie nere della rivoluzione”. Quelle stesse “camicie nere” che – diciotto anni prima – avevano marciato su Roma rendendo possibile l’avvento del Fascismo al potere e la sua nomina da parte di Re Vittorio Emanuele III, a Capo del Governo, ma non certamente determinato la dittatura. La fase dittatoriale partirà solo dopo il 1925 a seguito del ritiro dell’opposizione, parlamentare sdegnata per il rapimento e l’uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti, sull’Aventino.
Il termine "camicia nera" è genericamente utilizzato ancora oggi a distanza di quasi ottanta anni come sinonimo di "fascista". In realtà sotto l’etichetta strettamente militare, gli appartenenti rappresentarono una realtà molto più complessa. Per spiegarla scriviamo subito che l’origine risale ai mesi immediatamente successivi allo scoppio del Primo Conflitto Mondiale.
Le “camicie nere” si formarono come "squadre d'azione” cooptando color che avevano combattuto nella Grande Guerra nelle schiere degli “Arditi” e si caratterizzarono, senza dubbio, come un'organizzazione para-militare. Dedite a rispondere, a reagire con violenza alla violenza rossa espressa dalla fazione comunista che imperversava sull’onda della rivoluzione russa nel tentativo di destabilizzare l’ordine sociale le “camicie nere” trovarono nutrimento dalle tradizioni eroiche degli Arditi, unità d'assalto italiane scagliate in prima linea, capaci di sfidare il piombo austroungarico.
La nascita e la creazione dei Fasci di combattimento nel 1919 conferì la base politica al movimento costituito in piazza San Sepolcro a Milano da cui poi sarebbe germogliata l’idea del Partito Nazionale Fascista.
Dopo la “Marcia su Roma (28 ottobre del 1922) Mussolini si trovò a fare i conti con quella moltitudine di personaggi sicuramente coraggiosi, ardimentosi ma anche risoluti e violenti che in qualche modo avrebbero potuto ostacolare la normale vitalità dello Stato Monarchico e delle sue leggi costituzionali.
La fondazione della Milizia fu decisa e annunciata dal Consiglio dei ministri. A fronte di ciò, Mussolini inca-ricata una commissione di studio, composta da Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi, Aldo Finzi, Italo Balbo e Attilio Teruzzi, chiese di affrontare il problema e ottenne da essa un progetto sulla formazione e organizzazione di un corpo di volontari, inquadrato nell'esercito nazionale mediante regolare reclutamento, in una fascia di età compresa tra i 17 e i 50 anni, analogamente ad altri Stati dotati di altrettante similari milizie, richiamandosi nelle denominazioni, alle legioni dell'antica Roma..
Dopo la nomina di Mussolini a capo del Governo le date ufficiali a riguardo sono quelle del: 28 dicembre 1922 con decreto del re Vittorio Emanuele III e successivamente il 14 gennaio 1923 con Regio Decreto Legge n° 31, in seguito convertito in legge il 17 aprile 1925ed entrato in vigore il 1º febbraio 1923; con tal provvedimento s’accorparono sia le Squadre d'azione del P.N.F. (Partito Nazionale Fascista) - dette appunto “Camicie nere” e la milizia dei S.P.P.R (Sempre Pronti per la Patria e per il Re dell'Associazione Nazionalista Italiana) dette Camicie azzurre, che confluirono nella cosiddetta M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale). Dal 1927, con l’adozione del saluto romano l'arruolamento nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale costituì l'atto finale della leva fascista, parallelamente all'iscrizione al P.N.F.
La Milizia nacque per regolamentare e contenere la prorompente forza degli “ex arditi” e degli “antemarcia” a uso esclusivo del PNF (rispondeva esclusivamente al Capo del governo e quindi al solo Duce era formulato e dovuto il giuramento) che non avrebbe avuto ragionevolezza di comportamenti dopo l’avvento del fascismo al potere. Poi con la sempre più forte adesione e coesione del fascismo all’entità della burocrazia statale si trasformò in forza armata, e se pur in contrasto col R.E. (Regio Esercito), esaurendo i compiti per i quali era nata venne impiegata come corpo militare parificato alle altre del Regno.
Nel 1923 la collocazione delle “camicie nere” all’interno dell’apparato militare regio, aprì la via allo sviluppo e all’inquadramento degli iscritti equiparati a combattenti nelle fila dell'esercito monarchico. Le camicie nere parteciparono con successo alle azioni per la difesa e la conquista dell’Africa Orientale (A.O.) soprattutto in Libia, in Eritrea e in Etiopia (1935 e 1936), si distingueranno nella guerra di Spagna (1936), Albania, Fronte Greco (1940) Fronte Orientale (Russia 1942) e in Nord Africa (1941) oltre alla difesa dei confini nazionali.
La M.V.S.N. fu sottratta al controllo del P.N.F. all’indomani del 25 luglio 1943, dopo l’approvazione dell’Ordine Grandi avvenuta nel corso della riunione del Gran Consiglio e a seguito dell’arresto del cavalier Benito Mussolini, avvenuto a Villa Savoia. Fu infine sciolto -a ridosso della firma dell'armistizio firmato a Cassibile tra il 2 e l’8 settembre del 1943 - quando la notizia venne resa nota al Paese.
L'organizzazione di tale corpo, oltre a fornire un’autonoma progressione di carriera non prescindeva da una struttura amministrativa e sanitaria e disponeva di cappellani militari. Al solo fine di chiarire le gerarchie e la composizione aggiungiamo le definizioni delle unità dalla più piccola alla più grande con i gradi di chi aveva il compito di dirigerle: Squadra (Squadra) = comandata da un caposquadra (sergente); Manipolo (Plotone) = comandata da un capomanipolo (tenente); Centuria (Compagnia)= comandata da un centurione (capita-no)Coorte (Battaglione) = comandata da un seniore (maggiore); Legione (Reggimento) = comandata da un console (colonnello); Gruppo di Legioni (Brigata) = comandate da un console generale (generale di Brigata); Zona (Divisione) = comandata da un ispettore generale di zona poi luogotenente generale (generale di Divisione)
Storicamente sono state attribuiti alle Camicie Nere: 20 Ordini Militari di Savoia; 90 Medaglie d'Oro al Valor militare; 1.232 Medaglie d'Argento al Valor Militare; 2.421 Medaglie di Bronzo al Valor Militare; 2.658 Croci di Guerra al Valor Militare e tutto ciò certifica come il contributo di sangue e di eroismo non fu certamente minore rispetto alle altre armi del Regno d’Italia.
Perché abbiamo voluto accennare agli Arditi, alle “Camicie Nere” e alla formazione della Milizia Volontaria nella prefazione che dovrebbe riferirsi al recupero dell’importantissimo documento storico qual è il “Diario di Guerra” di Francesco Maria Luigi Carnovale ad opera dell’amico Arnaldo (detto Nando) Castagna?
Per la semplice ragione che ai lettori stessi di questa pubblicazione, ai cultori di Storia Patria, e ancor di più a chi si accosterà ad approfondire l’argomento è preferibile anticipare le ragioni, le motivazioni, i perché di talune scelte che molti italiani decisero di intraprendere in piena onestà intellettuale.
Nelle pagine che seguono e che possiamo rendere pubbliche grazie alla volontà di Donna Orietta Maria Tommasi Carnovale, e all’impegno di Nando Castagna che avendone compreso l’alto valore storico non ha esitato a indurla a prendere in considerazione la stampa dei tanti documenti, risalenti a quasi otto decenni addietro e inseriti nel presente volume, il lettore troverà lettere e racconti della vita vissuta di un uomo che indossò la “camicia nera” non certo per avidità di potere, per carrierismo, ma per genuino convincimento degli ideali stessi del tempo che lo vide protagonista sia come professionista sanitario, sia quale Podestà di Catanzaro che in veste di Centurione (capitano) Medico della 164° Legione Camicia Nere. Donna Orietta Maria Tommasi Carnovale alla quale si deve la custodia del lascito letterario di Francesco Carnovale, lo spiega bene quando fa riferimento al parente per “quei valori di entusiasmo giovanile spinto fino all’estremo sacrificio e di assoluta lealtà verso gli ideali di Patria, meritevoli di essere tramandate alle future generazioni”.
È questo lo spirito con il quale deve essere accettata la pubblicazione e non certamente come un sentimento di nostalgia nei riguardi di fatti e avvenimenti, a volte eroici e ardimentosi ma anche tristi e dolorosi, ormai consegnati definitivamente e irrevocabilmente alla Storia.
Storia che in quanto tale, appartiene - lo si voglia o meno - a tutti noi italiani col dovuto rispetto per chi non può più parlare se non con gli scritti lasciati a testimonianza imperitura.
È con grande spirito di amicizia – nei riguardi di Nando Castagna col quale condividiamo l’amore per la Storia e la ricerca della verità storica - che accetto l’incarico di scrivere la breve prefazione al volume. È con grande onore che accolgo l’invito a pubblicare il “Diario di Guerra” assieme alle lettere di Francesco Maria Luigi Carnovale, centurione medico della M.V.S.N e Podestà di Catanzaro nel 1943 anno cruciale per il Regno d’Italia, per il Partito Nazionale Fascista e per le sorti della Patria nella tormenta degli orrori e del sangue versato nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Possano il “Diario di Guerra” e gli scritti del Centurione Podestà Carnovale arricchire, emozionare, recuperare ampliare e restituire alla visione critica degli storici materiale inedito per lo studio del periodo che in tanti vogliono dimenticare senza nemmeno tentare di approfondire le ragioni per le quali nacque e morì il tentativo di rendere finalmente grande, libera e autonoma l’Italia.
Riccardo Colao *
*Giornalista, Scrittore, Editore; direttore del Quotidiano l’Italiano