CATANZARO TRA STORIE E RICORDI
Gioacchino Concolino - Titani Editori
DALLA PREFAZIONE AL VOLUME:
Direi anzitutto che il nuovo libro su Catanzaro di Gioacchino Con- colino è un intrigante pretesto di autobiografia collettiva. Un’auto- biografia cittadina di/su Catanzaro, mediante biografie o frazioni di biografia di uomini, cose, situazioni, avvenimenti memorabili ma sul punto di essere dimenticati. Un intreccio di “storie di vita”, che pro- ponendo pubblicamente le sue dimensioni documentative e trasmis- sive “altre”, può ora tradursi in ulteriori possibili occasioni di ricerca e in auspicabili esperienze dialogico-didattiche e educative. Uno snodo formativo di molteplici motivi di incontro e di apprendimento- insegnamento tra l’autore e le proprie fonti storiche, primarie e secondarie; tra l’autore e quanti leggeranno il suo libro; tra l’autore e chi intendesse riprenderne variamente in mano gli argomenti, per chiarimenti, integrazioni, commenti, dubbi, sviluppi, osservazioni critiche.Questo perché, se è vero che l’autobiografia può essere un' educazione, Catanzaro. Tra storie e ricordi, ben oltre la performance narrativa e l’illustrazione fotografica che le è intrinseca, prende e dà vita nella messa in prova del proprio laboratorio di scrittura e lettura. Nel “gioco” (un vero e proprio circolo virtuoso) delle parole e delle immagini di cui consta: dove non sai bene se le parti più incisive e didatti- che del volume siano o non siano proprio le numerose e splendide foto, oppure se le disparate situazioni messe in scena nella forma del racconto siano o non siano esse stesse le migliori, indispensabili didascalie degli ambiti visivi che le illustrano narrativamente.Effetto immediato dell’insieme: un’attraente, contagiosa miscela di euforia microstorica e di empatia antropica, in cui ritrovano nuova vita elementarmente umana il mondo pressoché sparito della Catanzaro otto - novecentesca e “il sogno di una cosa” che nessuno sembra sapere più che cosa possa mai essere stato, nelle sue dimensioni etico - biografiche e storico-culturali, ludico - ludiformi, lavorative, produttive, autogratificanti e dense di futuro, catanzaresi o meno che esse siano state e siano.
Un libro, insomma, che è un’esercitazione mnemonica, autobiograficamente individuale e collettiva sui generis, per interposte me- morie, biografie e conseguenti, non prevedibili ulteriori incursioni euristiche nel sociale, nel sociologico, nel familiare, nel tempo libero, nel musicale, nel gastronomico, nell’antropologico ecc. Direi addirit-tura nello “speleologico”, visto che speleologia (dal greco spélaion, caverna e lògos, discorso) è la disciplina che si occupa dell' esplorazione, documentazione, tutela e divulgazione della conoscenza del mondo sotterraneo: nel nostro caso, uno spaccato significativo degli strati superficiali del terreno ancora calpestabile della Catanzaro di appena ieri o di ieri l’altro, rudemente sotterrata, obliata. Sicché ba- sta ancora un piccolo sforzo di memoria per ricordarsene quanto ba- sta per vivere meglio qui e ora; e, una volta documentatane, fotogra- fatane, rievocatane l’esistenza in vita, lasciarla infine riposare nei suoi “per sempre”.
Considerando il titolo e gli apparati editoriali del libro, e ragionando sull’indice dei capitoli e sulle loro tematiche municipali precipue (culturali, economiche, urbane e urbanistiche, professionali, artigianali, imprenditoriali, istituzionali, familiari, filantropiche, religiose, giudiziarie, carcerarie, ecc.), l’opera è un distillato di trame narrative semplicissime, lineari e insieme composite e multiformi, giudiziosa- mente ispirate dal proprio Genius loci, geometricamente architettate e visivamente selezionate ed esposte a supporto delle singole rievoca- zioni cittadine e contadine “cuntate e cantate” che font le livre. Strizzando l’occhio al doppio gioco di esprit de geometrie e di esprit de finesse.
Un volume che, in tale ottica antologica, si configura come un potpourri nel senso suggestivamente propositivo del termine; e per l’appunto, nel tono minimalistico caratteristico dell’autore, un minuzioso, petaloso florilegio: «Un potpourri è una composizione realizzata con petali di fiori secchi ed oli essenziali, normalmente utilizzata per profumare o abbellire gli ambienti. Di solito viene collocata in ciotole di legno, o in sacchetti di stoffa. […] Si chiama potpourri anche il recipiente – a forma di ciotola, oppure di piccola scatola o di barattolo con coperchio bucherellato e realizzato in porcellana, in maiolica o in terraglia – che è utilizzato per contenere il composto di fiori, di radici e di petali odorosi, il cui aroma si diffonde nell'ambiente» (https://it.wikipedia.org/wiki/Potpourri)
Dunque, un ben assortito bricolage di focolai narrativi catanzaresi, che può fare immaginare al lettore immaginoso altre consimili attività antologiche, con la medesima disponibile attenzione del mittente e del destinatario che vi si accostino con una onesta disposizione al dia- logo, alla collaborazione critica o magari soltanto ad un brainstorming catanzarese affacciato sul mondo. Di storia in storia, di ricordo in ricordo, di scrittura in scrittura.
Questa la ragione per la quale forse, soffermandomi su questa ciotola di aromi di carta, rivedo ancora nelle mie piccole mani impazienti il cestino dei petali da far piovere dal balcone, di giugno in giugno, sul baldacchino della processione del Corpus Domini sul Corso di Catanzaro. E, ritrovandola per associazione di idee nelle pagine “pro- cessionarie” di Catanzaro. Tra storie e ricordi, mi pare di cogliere qui la “pasta” narrativa non superstiziosamente doviziosa di rimpianti retrò, ma laicamente lungimirante, delle esemplari diciannove microstorie in carne e ossa patite e/o godute dalla città di Catanzaro negli ultimi due secoli. E resuscitate da Concolino.
Vicende mini-massime come la punta di un iceberg arborato (se si potesse supporre): ma fatto bellamente allignare da Gioacchino Con- colino catanzarese DOC, geometra e collezionista di carte pensanti, parlanti, fotografanti, ben oltre i soggetti della rappresentazione, la vocazione del documentarista dovizioso intercettatore e dicitore di storie locali. Lui che, sulla base di ricordi personali e di minute ricerche d’archivio, in biblioteca, sui giornali, tra le sue imponenti raccolte di fotografie e mediante testimonianze inedite, ha messo didascalcamente in scena una fitta rete di informazioni e interpretazioni di uomini e cose locali.
Leggendo il libro, penso allora ai non improbabili catanzaresi in possesso di almeno una quota delle pressoché identiche memorie dell’autore del libro. Ma mi rendo al tempo stesso conto di sapere io per primo poco o nulla della restante maggior parte delle materie che costituiscono le storie e i ricordi intessuti dal costruttore Concolino. E finisco col chiedermi: quali e quali catanzaresi, scorrendo le pagine di questo libro e adottandone a mo’ di esempio le pazienti e amorevoli cure storico-mnemoniche, si troveranno nella stessa situazione dell'autore di potere mettere in piazza i contenuti di un’Opera omnia cittadina tutta da scrivere e da leggere, o quasi? Rifletterà allora il catanzarese non privo di amor proprio e intelligenza autocritica del “Sé” sul diritto di ciascun concittadino a mantenersi ignorante e sul dove- re della pluralità dei punti di vista da rappresentare? Ce la farà in qualche modo a tirare le somme sull’enorme spreco di potenziale storicocritico che c’è nel mondo circostante e, dunque, sulle altrettanto grandi virtualità storiografiche, narrative, individuali e sociali, educative ed autoeducative della Città dei tre colli? Gli sovverrà intanto, forse, che uno dei Maestri del nostro tempo, Franco Ferrarotti (l’inventore della grande epopea delle storie di vita e del senso del luogo in rapporto alla memoria personale e collettiva), ha fatto una volta e continua a fare un discorso molto serio sul nesso tra identità personale e memoria plurale del proprio passato.
Infatti, sostiene il sociologo: «Attraverso l’accumulo dei ricordi, la memoria costruisce la persona come insieme di idee e valori tenden- zialmente coerenti, ossia la “personalità” dell’individuo. […] L'esperienza vissuta e ricordata, interiormente “ritenuta” e rammemorata. In questo senso, la memoria è la componente essenziale per l’identità dell’individuo e per la sua eventuale integrazione nella società. […] Intaccare e attentare alla memoria di un individuo come di un gruppo umano e di tutto un popolo significa attentare alle sue radici, mettere a repentaglio la sua vitalità, le basi della sua identità, orientamento esistenziale, comunità, capacità di fare storia.» (F. Ferrarotti, Il silenzio della parola. Tradizione e memoria in un mondo smemorato, Dedalo, Bari 2003, p. 60).
Un ricordare e un raccontare che, per rimanere all’interno della proposta commemorativa “personale” elaborata da Concolino per frapposta città, intanto è identitariamente fondamentale, in quanto nel ricordare e nel raccontare la vita della città informa di sé tutt’intera la vita dei singoli catanzaresi (a cominciare da Concolino stesso), proprio perché la vita di ciascun cittadino è parte essenziale, viva ed operante, del tessuto civile della città nel suo insieme. Come se, in prima istanza e in ultima analisi, il memorialista non fosse più un usignolo solitario a ricordare e a narrare le storie di vita cittadina da lui stesso elette ad esempio, ma a raccontarle coralmente fossero via via l’eroismo dei suoi martiri e la ferocia di “quelle” esecuzioni ca- pitali catanzaresi del 1823, la presenza dei Piemontesi in Calabria, il luccichio delle stellette di soldati e di forze dell’ordine, le pacchiane in costume, i gradoni della vita di un tempo lontano, il Corso degli altri, la strettoia dei ricordi, il miracolo del carbone, il cerbero amorevole, un Domenico chiamato Mimì, l’uomo ingegnoso che immaginò un fu- turo operoso e ricco, le bancarelle di Natale, la pietas popolare delle processioni religiose, le lavandaie e gli acquaioli, il formaggio “pane dei poveri”, l’uva in festa, le antiche prigioni del San Giovanni, l’orfanotrofio maschile “Giuseppe Rossi” e le sue musiche.
Tutti insieme e appassionatamente, i suoi soggetti, ad “autobiografare” (se così si potesse dire) l’autore. E l’autore a restituire il servizio, nella sua valenza indirettamente formativa, educativa, individuale e collettiva, cittadina. Quasi a “giustificare” il senso della propria orgogliosa appartenenza a se stesso, come alla Città. Mi spiego meglio, con le parole di Antonio Gramsci sull’educativo come “giustificazione” dell’autobiografia: «Una delle giustificazioni può essere questa: aiutare gli altri a svilupparsi secondo certi modi e verso certi sbocchi. Spesso le autobiografie sono un atto di orgoglio: si crede che la propria vita sia degna di essere narrata perché “originale”, diversa dalle altre, ecc. L’autobiografia può essere concepita “politicamente”. Si sa che la propria vita è simile a quella di mille altre vite, ma che per un “caso” essa ha avuto uno sbocco che le altre molte non potevano ave- re e non ebbero di fatto. Raccontando si crea questa possibilità, si suggerisce il processo, si indica lo sbocco. L’autobiografia sostituisce quindi il “saggio politico” o “filosofico”: si descrive in atto ciò che altrimenti si deduce logicamente. È certo che l’autobiografia ha un grande valore storico, in quanto mostra la vita in atto e non solo come dovrebbe essere secondo le leggi scritte o i principii morali dominanti […]» (A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi/Istituto Gramsci, 1975, Quaderno 14 [I] § [59]).
Al di là dei suoi temi storico-narrativi specifici, il libro di Concolino veicola infatti una sottintesa curvatura autobiografica a tutto tondo, che fuoriesce dall’uso o meno della “prima persona” rispetto alla materia “catanzarese” specifica: e che oltretutto, quasi per una sorta di effetto serendipity, aggiunge valore all’indagine documentaristico- narrativa nel suo insieme. In Catanzaro. Tra storie e ricordi c’è infatti una sorta di individualissimo doppio fondo non dichiarato ma pur sempre presente e vivo che, da un lato, spiega il senso di ogni scelta tematica; e, da un altro lato, ne addita la valenza formativa, educativa “aliena”, che travalica il livello della memorizzazione e della esposizione soltanto personale, per spersonalizzarsi, socializzarsi e tradursi in una proposta monografica localizzata, che hic et nunc si espone virtualmente a ulteriori traduzioni ed extralocalizzazioni nei possibili altrove di analoghi ma differenti approcci cittadini.
In altri termini, è la stessa somma dei profili catanzaresi disegnati fin qui da Concolino in Catanzaro. Tra storie e ricordi a produrre e a suggerire l’evolversi degli ipotetici, ora non prevedibili “dover essere” e “voler diventare” dell’attuale saggio autobiografico, biografico, micro - storico - fotografico e narrativo. Come se dai numerosissimi ricordi in prima persona che “fanno” il libro, finissimo con lo scivolare verso la costruzione storica di un “noi”, che non s’acquieta nel risultato provvisoriamente collettivo della socializzazione fin qui individualmente raggiunta, ma s’inquieta nella richiesta di nuovi tagli brevi e leggeri e spaccati lunghi e profondi della città cantastorie.Della città a suo modo maestra elementare, nella misura in cui lo sforzo individuale, autodidattico della compilazione, si viene facendo testimonianza e attestazione collettiva di più generazioni di catanzaresi: così da scorgere i presupposti evenemenziali e le matrici fattuali di una temperie cittadina, che vuol raccontarsi e non rassegnarsi a silenziare il proprio passato. Si espone ad evocare, se mai, l’apertura di nuovi e non prevedibili varchi rammemorativi e conoscitivi ulteriori: come se l’impegno del documentarista Concolino fosse soltanto l’inizio di un discorso d’interesse più generale, realmente e virtualmentea più voci. Voci antiche e recenti di testimoni del tempo, parlanti, fotografanti o scriventi. Di presenze latenti di scrittori e lettori concittadini, catanzaresi e non solo.
Della città che dalla discesa Gradoni a fuori le porte gioca e rigioca a rimpiattino, “cu ’u strumbu”1 e con altri giocattoli del tempo che fu. Come nella nota canzone di Francesca Prestia: «’Na simana non das- su passara / ca ’on mi sarvu na jornata ppe mia, / dassu tuttu e cami- nu subba e sutta. / Catanzaro eu ma giru tutta. / Guardu i casi, i pur- tuni, i vineddhi, / viju genti, guagliuni, dui vecchi, / rassegnati cami- nanu queti / para ca non c’è nenta cchi fara! / Mina ventu, hjuhhja ancora, / mina forta e d’intra ’u cora; / e comu ’u strumbu e ’na vota / girandu girandu / mi sentu rivigghiara. / Sentu ’u ventu cchi torna a hiuhhjara, / Catanzaru ripigghia a cantara; / canta ’u mara cchi vida de colli / canta ’u cielu e a hjumara cchi scurra. / Mentra ’u sula ddhassutta scumpara, / sentu ’u ventu cchiù forta hiuhhjara, / chjca i rami, i fogghj e li juri / Catanzaru mó s’inchja d’adduri (Mina ventu, Testo e musica di F. Prestia, 2018)»
2 «Una settimana non lascio passare / che non mi salvo una giornata per me, / lascio tutto e cammino su e giù. / Catanzaro io me la giro tutta. / Guardo le case, i portoni, i vicoli, / vedo
La città educativa e autoeducativa, autobiografica, che si racconta nella misura in cui l’impegno personale di un’indagine scientifica e di senso comune, si viene configurando come di più generazioni di catanzaresi: così da scorgere le matrici empiriche di una temperie citta- dina nel suo farsi, che ha più di centocinquanta anni di storia unitaria e non si rassegna a serrare le porte in faccia alla subalternità. S’affatica al contrario ad invocare l’apertura di nuovi orizzonti culturali e, dunque, di nuove mete scientifiche e didattiche da raggiungere. Cioè progettuali in grande: come se l’impegno dei suoi mentori d’adesso fosse soltanto l’inizio di un discorso d’interesse più generale e onnilaterale, a più voci. Voci di imperterriti profeti del passato, parlanti, ascoltanti, veggenti, preveggenti fotografi dell’avvenire della Città dei tre colli. E non solo.
Nicola Siciliani de Cumis
SCHEDA BIOGRAFICA DELL'AUTORE - GIOACCHINO CONCOLINO è nato e vive a Catanzaro. Nel corso della vita ha praticato con buoni risultati diversi sport, ha coltivato diversi interessi e svolto più lavori.Per un quindicennio, direttore di cantieri edili; quindi,per la Telecom Italia, occupandosi in un primo tempo di tecnologie delle costruzioni, ha svolto in seguito la funzione di capo-area dei Servizi Generali per la Calabria.
È stato Presidente dell’Associazione Calabrese di Filatelia e Collezionismo vario.L’amore per la propria città, per le sue tradizioni e per la sua cultura, lo ha portato fin da ragazzo a scoprirla con una macchina fotografica che era per lui la sua compagna di viaggio. Ritraeva angoli e mestieri che la modernità stava cancellando per sempre. Negli anni Settanta, grazie alle sue belle immagini, in concorsi nazionali di fotografia, per due volte consecutive gli è stato conferito il premio di “Migliore Autore Calabrese”. Nel 1980, a Taormina, in un Concorso internazionale di fotografia, ha ottenutola "segnalazione di merito".Questo amore per il “riprendere” le parole e le immagini degli aspetti più trascuratidellarealtà cittadina catanzarese e regionale calabrese, è proseguito nel tempo facendogli collezionare giornali, documenti, oggetti, cartoline e foto d’epoca di Catanzaro e cartoline di usi e tradizioni di un po’ tutta la Calabria.L’esperienza di tanti anni, acquisita nella rappresentazione di persone e cose della storia locale, gli ha consentito di farsi autore di apprezzati dossier cartacei e filmati tematici sul passato e sul presente dei luoghi dove Concolino è nato e vissuto. Di qui le collezioni cartografiche di diverso impegno illustrativo, conoscitivo e divulgativo; un volume dal titolo Catanzaro in miniatura (2009), per conto della sua Associazione, per la quale ha curato anche i testi e il progetto grafico di altri tre volumi dai quali ha auto prodotto altrettanti docu film:Catanzaro e il Tram (2010), Catanzaro, la Villa e dintorni (2011), Catanzaro in Divisa (2013). Materiali in larga parte pubblicati ed esposti, in cartaceo e in DVD in diverse mostre: l’ultima delle quali Catanzaro. Passioni e Memorie. Documenti & Immagini (1900-1920), nel Complesso monumentale del San Giovanni di Catanzaro (20 dicembre 2014-28 gennaio 2015). Con titolo analogo, la rivisitazione di un personaggio illustre e di aspetti urbanistici caratteristici della sua città, (in due volumi colletta nei, editi dalla medesima Associazione). Ha collaborato alle cronache della Gazzetta del Sud di il Quotidiano della Calabria del mensile Catanzaro City e delle riviste Storie di Calabria e i Catanzaresi. Ha curato l’allestimento e la comunicazione delle attività associative nel sito internet: http://www.calabriafilatelica.itL'ultimo volume: La pubblicità racconta una storia (2015 - Edizione Calabria Letteraria – Rubbettino – ) è la prima delle possibili “storie” che Concolino ha messo a punto sul tema della pubblicità nei giornali e sui giornali come fonte di una microstoria sui generis.. Un work in progress e un effervescente laboratorio della cultura otto - novecentesca di massa, nella Città di Catanzaro e non solo.