
APOLOGIA DEL FASCISMO
AUTORE: RICCARDO COLAO
A settant’anni esatti dalla caduta del Fascismo e a poco più di sessanta dall’approvazione della Legge Scelba, sul divieto di ricostituzione del Partito Nazionale Fascista, è tutt’ora fermo in parlamento un disegno di legge Costituzionale (reca il n. S 2651) d’iniziativa dei senatori De Eccher, Di Stefano, Bevilacqua, Bornacin e Totato (comunicato alla Presidenza il 29 marzo 2012) e recante il titolo: Abrogazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. La proposta è da considerarsi punto di partenza e di arrivo in un circolo che abbraccia l’excursus storico di tre quarti di secolo in materia.
I firmatari partendo dall’esame delle terminologie “transitorio” e “disciolto” propongono che sia dichiarato compiuto il processo, già indicato e definito, al momento stesso che la Carta costituzionale fu promulgata.
La Corte costituzionale chiamata ad esprimersi sulla base di tre distinte ordinanze delle preture di Como e Forlì, all’interno della sent. n. 74 del 25 novembre 1958, così concluse: “Riconosciuta in quel particolare momento storico la necessità di impedire, nell’interesse del regime democratico che si andava ricostituendo, che si riorganizzasse in qualsiasi forma il partito fascista...”: e confermò, al di là di ogni dubbio, la conformità della scelta assunta.
Dal secondo dopoguerra ad oggiil quadro civile, culturale, sociale e politico è radicalmente mutato. La caduta del muro di Berlino, ha di fatto accelerato il superamento dell’ideologia comunista determinando, una situazione assolutamente nuova e differente rispetto a quella, che poteva risultare sei decenni addietro.
La sola ipotesi che possa riproporsi il pericolo di una ricostituzione di del Partito Nazionale Fascista, consegnato ormai alla Storia, non può essere realisticamente prospettata. L’approvazione del citato disegno di legge co-stituzionale consentirebbe, (come affermato dai firmatari) “da un lato, di chiu-dere finalmente un capitolo che non ha motivo di rimanere aperto e, dall’altro, di ridurre quegli spazi di legislazione speciale che restano in ogni caso poco corrispondenti ad una compiuta realizzazione del principio di libertà”.
Sostanzialmente l‘ipotesi che rende ancora perseguibile penalmente il reato, di apologia del fasci-smo, nonostante siano venute meno le ragioni per cui la legge stessa lo configura tale, è stata resa anacronistica quanto superata pro-prio dal decorso degli anni.
L’ideologia del movimento fascista resta materia di approfondimenti e di ri-cerche destinate a suscitare gli interessi degli studiosi e degli appassionati. E’ bene quindi restituirla integralmente alla dimensione storica perché, al di la di una legge obsoleta che ne vieta la ricostituzione, nessuno potrebbe immaginare di poterla riesumare e resuscitare nelle forme e nelle caratteristiche peculiari che ne consentirono l’ascesa al potere nell’ottobre del 1922.
La proposta relativa all’abolizione del reato di “apologia del fascismo” poggia sulla considerazione stessa che portò l’on. Scelba a formularne la composizione nel lontano 1952. Apparsa già sin dall’ inizio dell’entrata in vigore, esageratamente ampia, dettagliata e punitiva in particolare nella individuazione di una serie di tipologie di reato reputate in qualche modo prodromiche o concorrenti rispetto all’evento, non è più rispondente nemmeno ai dettami che la ispirarono.
Prova ne è che elogiare l’ideologia fascista, l’operato di Mussolini, la sua politica oppure evidenziare ammirazione per il Ventennio difficilmente in tutti questi anni è stato considerato reato.
Nel 1956 anni la Corte Costituzionale, a seguito di alcuni ricorsi, si pronunciò sulla legittimità stessa del dispositivo, che apparve in contrasto con l’articolo 21 primo comma della Costituzione che recita testuale: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
La sentenza numero 1 del 26 gennaio 1957 della Corte Costituzionale spazzò via ogni ulteriore dubbio: “Come risulta dal contesto stesso della legge 1952 (le cui norme, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 10, cesse-ranno di avere vigore appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale), l’apologia del fascismo, per assu-mere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Ciò significa che deve essere considerata non già in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione, che è vietata dalla XII disposi-zione”.
A consolidare il giudizio della Corte Costituzionale, vi è poi la sentenza della Cassazione penale (6 giugno 1977), che afferma come “La Costituzione della Repubblica, mentre vieta in modo assoluto la riorganiz-zazione del disciolto partito fascista, non pone invece alcun limite alla libertà di manifestare il proprio pensiero, neppure quando la manifestazione abbia per oggetto persone, fatti e disegni politici del fascismo”.
Ne consegue che perché si cada nell’ipotesi concreta d’apologia del fascismo, l’azione di chi compie il reato dovrebbe essere talmente esaltante nei riguardi della collettività da poter condurre alla riorganizzazione del partito fascista.
Un reato dunque, inutile quanto agitatore di un fantasma che vaga solo nelle menti di chi rifiutando la pacificazione nazionale preferisce restare sotto le coltri dell’immobilismo storico.
E’ arrivato il momento di archiviarlo per sempre!