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AMATO  tra Galantuomini e Briganti - Autore: Antonio Bressi

AMATO tra Galantuomini e Briganti - Autore: Antonio Bressi

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AMATO TRA GALANTUOMINI E BRIGANTI

ANTONIO BRESSI

Formato 15 x 21 - Copertina morbida a colori

Pagine: 158 escluse copertine

PRESENTAZIONE

La passione per la storia e la microstoria, l’amore per il paese della sua giovinezza, la memoria come valore da ricercare e perpetuare, per conoscere il presente e se stessi, questi i motivi per scrivere un libro su Amato. Nelle pagine che seguono, si è ricostruito con l’ausilio di documenti storici, gli avvenimenti più rilevanti e memorabili, che resero Amato protagonista nei secoli precedenti.

Il piccolo centro abitato, posto nell’area dell’istmo (il punto più stretto della Penisola), che contava più di duemila abitanti, fu coinvolto e sconvolto da avvenimenti storico politico e sociali che si susseguirono nel corso degli anni.L’Autore non si è limitato ad occuparsi dei galantuomini stimati e gloriosi, che hanno dato lustro al paese, ma ha cercato di dare voce anche a quella parte di persone che non hanno avuto posto nella storia scritta, che hanno contribuito nel bene e nel male, agendo in un piccolo mondo mai omogeneo, dove spesso emergono anatomie, caratteristiche di ogni periodo storico.

Dalla ricerca di Antonio Bressi, che non è nuovo allo scandaglio storico del territorio calabrese, emerge uno spaccato assai peculiare della società amatese che vale la pena recuperare e tramandare alle nuove generazioni perché conoscano ed apprezzino la storia della loro appartenenza.

dott. Saverio RugaSindaco di Amato

Prefazione

Per quasi un decennio Antonio Bressi, per varie vicissitudini, è stato costretto ad accantonare nel cassetto della sua scrivania, una ricerca sul borgo di Amato che oggi, finalmente, grazie soprattutto alla costanza che lo contraddistingue quando si tratta di omaggiare l’amata Calabria, ha deciso di dare alle stampe.

Antonio non è certo un esordiente in questo campo. Le varie pubblicazioni prodotte in precedenza, molte delle quali dedicate alla sua San Floro, ne hanno attestato la capacità di qualificato ricercatore e di scrittore versatile.

Quest’opera, che si concretizza in un susseguirsi d’interessanti schede su vari temi, viene affidata agli Amatesi, in particolare ai giovani, con l’augurio che possa tornare utile, per conoscere meglio il passato del borgo in cui vivono.

L’Autore, forte delle approfondite ricerche in archivi, propone cronache e spunti di riflessione sul fenomeno del brigantaggio postunitario che ha interessato questo territorio, prescelto da svariate comitive di briganti come luogo di azione o di rifugio.

Ci parla anche dell’antico feudo, di personaggi illustri, delle problematiche igieniche, delle sorgenti d’acqua, delle svariate attività lavorative.

Oggi Antonio mi affida il ruolo di curatore del testo. Mi chiede di mettere insieme scritti e immagini raccolte con grande solerzia e puntualità per portare a compimento il suo meticoloso lavoro al fine di renderlo fruibile alla cittadinanza di questo verdeggiante borgo, da Lui tanto amato, conferendo allo stesso l’identità, la dignità e l’orgoglio di cittadina calabro-catanzarese.

Ho condiviso le sue fatiche per il fraterno affetto che ci lega. Portiamo lo stesso cognome, anche se non siamo parenti diretti, le nostre famiglie provengono entrambe da Isca sullo Jonio e avevano in comune il nomignolo di ceramidari, ossia produttori di tegole. I suoi avi si trasferirono a San Floro, i miei a Santa Maria di Catanzaro.

Con Antonio nutriamo una serie d’interessi comuni. Tante le analogie che ci accomunano, per come riporta Vincenzo Belcamino, studioso di Santa Maria di Catanzaro, in uno scritto, sulla rivista “Calabria Letteraria”, dal titolo Affinità folklorico-culturali nel variegato territorio catanzarese:

“Se pure sono diversi, gli autori hanno, oltre allo stesso cognome, lo stesso animo, gli stessi intenti e producono in chi li legge, gli stessi effetti: segni genotipici impressi in due eredi della stessa razza”.

Insieme abbiamo prodotto una serie di iniziative socio-culturali, alcune delle quali molto originali e di spessore. Tra queste mi piace ricordare il Concorso nazionale di fisarmoniche e organetti diatonici che si è tenuto a San Floro, nel mese di agosto, per un decennio. Un’iniziativa di successo fortemente voluta da Antonio, patron del concorso, che vedeva tra gli artisti più apprezzati il compianto figlio Bruno, virtuoso fisarmonicista molto stimato in campo artistico e non solo.

Alla richiesta di scrivere la prefazione a questo lavoro, inizialmente, sono stato molto titubante. Primo perché abitualmente a scriverla viene chiamato un personaggio quotato, ed io non mi reputo tale, che possa dare lustro al libro e poi per via della convinzione che le prefazioni sono considerate dai lettori, nella maggior parte dei casi, noiose e quindi di scarso interesse!

Un motivo in più in favore del si è la mia passione per i borghi calabresi, compresi quelli abbandonati e spopolati. Passione che nasce dalla lettura delle apprezzate e condivise riflessioni sull’opera dell’antropologo Vito Teti: Il senso dei luoghi.

Il borgo di Amato in particolare l’ho visitato più volte apprezzandone quel modo di vivere essenziale e armonioso. Una delle principali occasioni, quand’ero ragazzo, mi era offerta dalla comare di mazzetto della mia famiglia la quale aveva un fratello sposato ad Amato.

Amatìna era anche una mia vicina di casa, trasferitasi a Sala dopo il matrimonio con un compare di mio nonno. Quest’ultima era indicata come Jolanda ’a pacchiana, per via del costume tradizionale che indossava. Ricordo che per il Carnevale la buona Iolanda forniva costumi tradizionali di svariate taglie, previa prenotazione, ai ragazzi del vicinato. A quei tempi nel mio quartiere per i “mascherati” c’era poco da scegliere, i vestiti in voga erano soltanto due: il vecchietto con gobba e bastone e la pacchiana di Amato!

Il minuto marito della comare Iolanda, ’u cumpara Tu-ruzzu, dipendente dell’Ospedale Militare, molto stimato dagli Amatesi i quali lo chiamavano don Salvatore, quando parlava di Amato, era solito fare riferimento ad una sorgente di acqua solforosa indicata come “l’acqua santa” e a una cava di argilla, a suo dire, particolarmente adatta per la realizzazione di vasi.

Tornando alla monografia di Antonio, nel leggerla la prima volta, mi è parso di assistere alla proiezione di una pellicola in bianco e nero con, sulla scena, un paese-presepe fatto di case sparse con, tutt’attorno, galline e oche, edicole votive, sorgenti dalle consistenti portate, maialini all’ombra di querce e di ulivi secolari, orti ben coltivati, venditori ambulanti dalle possenti voci, mandrie guidate da pelosi cani e, soprattutto, una comunità sana, ospitale e laboriosa.

Oggi Amato pur cambiata, conserva il fascino del borgo antico. Conserva la genuinità della vita e della cucina e quella tranquillità che tanto manca agli abitanti delle grandi città.

Il valore di questo libro, di piacevole lettura per via dell’impeccabile accuratezza espositiva degli argomenti e dell’armonia strutturale delle varie schede che ne compongono il corpo, sta nella consistente ricchezza culturale.

Un invito quindi a leggerlo, e non solo agli Amatesi, ma a quanti intendono approfondire le conoscenze della terra di Calabria e del fenomeno del brigantaggio.

Pagine scritte con amore, a un tiro di schioppo dal “cupolone”, da una penna scorrevole che rende omaggio all’operosa e serena cittadina di Amato e ai tanti suoi figli emigrati e non, e che offre la possibilità agli studiosi di approfondire le ricerche che Antonio ha portato avanti con la stessa dedizione con cui ha curato gli studi dedicati alla sua San Floro.

Silvestro Bressi

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